LA POLIZIA DI BELLUNO FA SCUOLE: OFFENDERE IL CAPO NON E’ REATO

LA POLIZIA DI BELLUNO FA SCUOLE: OFFENDERE IL CAPO NON E’ REATO

Il sindacalista che rivolge pesanti accuse, anche ipotizzando condotte penalmente rilevanti, nei confronti di un dirigente, non compie reato. Lo sottolinea la Cassazione, annullando senza rinvio ‘perche’ il fatto non costituisce reato’ la condanna inflitta dal tribunale di Belluno a un rappresentante di un sindacato di polizia per diffamazione nei confronti di un commissario capo. Al centro della vicenda c’era una lettera inviata al questore di Belluno e al Viminale da parte dell’imputato, in cui veniva criticato il comportamento del commissario che aveva ispezionato un computer in uso ad un agente iscritto al sindacato .

Il sindacalista, nell’esercizio della sua funzione, puo’ legittimamente criticare l’operato della direzione a patto che “gli attacchi non siano gratuiti ad personam”.

In particolare la suprema Corte ha osservato che “le espressioni oggettivamente offensive contenute nello scritto erano tutte funzionali all’iniziativa sindacale e in sintonia con i pertinenti moduli espressivi che non debordavano dai limiti dell’esercizio del relativo diritto per risolversi in attacchi gratuiti ad personam”. Insomma, per l’alto giudice le accuse rivolte al commissario capo che erano state messe per iscritto, “rientravano certamente nei limiti dell’attivita’ di rappresentanza sindacale che tra i suoi compiti annovera anche quello della denuncia di situazioni, fatti o condotte ritenute non in linea con i doveri istituzionali”.

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